Debito
09/12/2011 Amenità sul debito pubblico
Ricordate, tanti anni
fa, cosa si diceva a
proposito del debito pubblico italiano, sempre un po' altino? Cose che
si sentono ancora oggi. “Ogni
italiano nasce con XXX milioni di debito
sulle spalle...”. “L'Italia
vive al di sopra delle sue possibilità”.
“L'Italia campa di debiti”. “Lasciamo i debiti alle generazioni future”
(Magari oggi al posto di “Italia” trovate “Europa”).
Ora immaginatevi questa situazione: la
proverbiale “famiglia Rossi”. Papà, Mammà, e due figli. Il
genere non ha importanza.
Papà presta 10.000 € ad un figlio.
Arriva un tizio e dice:
“Ogni membro
della famiglia Rossi ha 2.500 € di debito sulle spalle”.
E poi: “la
famiglia Rossi
campa di
debiti”, e “la famiglia Rossi
vive al di sopra delle proprie
possibilità”. “La famiglia
Rossi lascia debiti ai discendenti”.
Che ne dite? Il tizio deve
avere
battuto la testa alzandosi la mattina e dà un po' i numeri.
Questo è però quanto ci
hanno
ammannito per anni a proposito del debito pubblico.
Fino agli anni '90 il debito
pubblico
italiano era interno, e quindi, detta in altro modo, erano soldi che
italiani dovevano ad altri italiani, esattamente come i membri della
famiglia Rossi.
E non sono “debiti sulle
spalle delle
generazioni future”, perché queste sono ad un tempo debitrici e
creditrici. Se si lasciano debiti, si lasciano pure crediti. Sì,
perché questa è una ferrea legge generale, ma non dell'economia,
bensì dell'aritmetica, qualcosa cioè di più basilare: se c'è un
debito, vuol dire che c'è un credito, e dello stesso ammontare. La
somma fa zero. Così come se qualcuno vende, vuol dire che qualcun
altro compra. Le stesse medesime cose, allo stesso medesimo prezzo.
La somma fa sempre zero.
C'è un'icastica espressione
per
qualificare questo genere di “(s)ragionamenti”: “statistiche di
Trilussa”. Il noto poeta vernacolare è l'autore di questo
aforisma: “ Se ttu tte magni un pollo, e io tte stò a guarda',
pe la statistica avemo magnato mezzo pollo a testa”. Se fosse
vivo direi a Trilussa: non tutti gli statistici sono però stupidi.
Non tutti.
Altra cosa che viene costantemente
sottaciuta: il debito
pubblico ha preso a salire vertiginosamente a partire dal provvedimento
Andreatta
(1981) che sopprimeva l'obbligo per la Banca D'Italia di acquistare i
titoli pubblici non collocati. Da quel momento i tassi di interesse
inizieranno a salire, e così il debito pubblico. Date un'occhiata ai
dati qui.
E' dagli anni 80 in poi che
l'Italia (e non solo lei) ha iniziato ad approvvigionarsi sul mercato
finanziario internazionale, realizzando così con il primo governo Amato
il più ripido “balzo in
avanti”
(ricordate il presidente Mao?) del debito pubblico nella storia
d'Italia. Per l'esattezza, dal 99,2% al 106,9% in dieci mesi. Per
interessi. E accumulando vero debito.
Ora la situazione è infatti
diversa.
Il 60% del debito pubblico italiano è interno (e quindi a questa
quota si applicano i ragionamenti appena fatti), il 40% è nelle mani
delle banche soprattutto francesi, poi tedesche, e poi inglesi. Il
resto sono spicci. E' estero, ma interno all'Europa.
Il fatto è che il vero
debito è
quello estero, non quello interno. Naturalmente giova – talvolta
per ignoranza, talvolta per furbizia – fare confusione.
I tedeschi, si sa, sono
gente precisa.
E infatti il concetto questo
giovane economista tedesco ce l'ha chiarissimo (assieme a tante
altre cose).
Il debito Pubblico Europeo.
Il debito europeo è
interno
all'Europa, salvo spicci. Qui
trovate un grafico dei saldi debitori dei PIIGS fatto dal NYTimes
nel 2010 (c'è forse qualche inesattezza, ma non tale da invalidare
concettualmente il dato complessivo), e qui
un altro di provenienza BBC più ampio, linkato dal Sole24Ore del
28/11/2011. A questo commentavo che il titolo (del Sole) “Tutto
è connesso” (o giù di lì) era falso. In realtà la
situazione si può schematizzare così:
-
Gli USA debbono un sacco
di soldi a tutti.
-
Il Giappone non deve
niente a nessuno (230% di debito pubblico, 1,25% tassi a 10 anni)
-
L'Europa deve
qualcosina-ina-ina al Giappone
L'Europa, però, non riesce a
governare
la sua finanza interna, perché non ne ha lo strumento (una Banca
centrale) e per questo i tassi crescono. E' un problema
intra-europeo, non dei singoli paesi. O si risolve nella sua sede
propria, dei rapporti intra-europei, o non si risolve. O fanno della
BCE una banca centrale, o non si risolve.
Il Sole non ha pubblicato il
commento.
Ecco la mail di risposta:
“Gent.mo
lettore, Le comunichiamo che abbiamo provveduto ad inviare il Suo
commento alla redazione. Grazie e buona giornata”, ed è morta lì.
Volete una prova della forza dei luoghi
comuni? Eccola qua.
Il nick marcisberlin,
sapendo bene che di
economisti che diano ragione all'insensato stato di cose della BCE
praticamente non se ne trovano (magari per altri
temi o in generale, su posizioni distinte o magari opposte), dice
che
non capiscono niente (come i medici di ieri e di oggi). Evidentemente
però, lui sa come le cose si portino. Forse è il nick del Mago Merlino,
e si cura con pozioni magiche.
Tutto questo vuol forse dire che il debito
pubblico è cosa senza
importanza, o una cosa "bella"? Ovviamente no, non è né bello né
brutto: dipende. Ma soprattutto, a differenza da quel che si vuol
lasciare credere, non è una "variabile indipendente". Se lo si vuole
tenere sotto controllo (com'è giusto), questo significa fare cose
diverse in tempi, contesti e luoghi diversi; bisogna governare i
fattori che lo determinano, NON agire direttamente e solo su di
lui.
Chi fa così, quasi sempre se non sempre lo
manda fuori
controllo. E prima di lui, altri fattori assai più pericolosi, come
la disoccupazione e l'inoccupazione.
Se avrete la pazienza di aspettare qualche mese, ne assisterete alla
prova
provata, messa in scena in Italia e in Europa.
Moneta e
debito
C'è infine, a proposito di governo del
debito, un altro aspetto: i rapporti
tra creazione di moneta e debito. E' spiegato, in pochi minuti,
in questo
filmato.
E' in francese, ma se fate click su CC appaiono i sottotitoli in
italiano. Si capirà cosa si intende con il debito pubblico che aumenta
essenzialmente per gli interessi. E si noterà l'"inspiegabile" silenzio
generale sul tema, completamente distorto dagli sragionamenti di cui si
parla nell'incipit.
03/01/2012 Krugman: Nessuno capisce niente del debito pubblico
Krugman
a capodanno ha scritto un editoriale sul New York Times dal
significativo titolo "Nessuno capisce niente del debito pubblico" dove
scrive, assai meglio di me, cose simili a quelle
qui sopra.
Oltre all'argomento debito interno - debito estero, tratta giustamente
anche il tema del bilancio debiti - crediti. Se infatti - per restare
nella sola sfera del debito pubblico, eslcudendo quello privato (che è
comunque maggiore) - noi abbiamo debiti
verso l'estero (verso i possessori di titoli del debito pubblico
italiano), abbiamo anche crediti verso i paesi dei quali siamo
detentori di titoli.
Se gli argomenti di Krugman hanno una valenza
generale, non così i dati, che si riferiscono agli USA. In particolare
non trovo un calcolo già bel che fatto su quanto debito pubblico estero
sia in mani italiane, e dunque non sono in grado di
fare il conto che fa Krugman (1$ di debito USA bilanciato da 89 cent di
crediti verso l'estero), né sono in grado di fare il conto del surplus
o deficit tra interessi pagati e incassati. E' un conto che però
dovrebbe essere fatto.
Cercherò dati e informazioni, e se mai li
trovassi, li pubblicherò su questo blog. Sarò grato a chiunque mi
fornisca segnalazioni utili.
E' abbastanza ovvio pensare però che la
nostra situazione sia peggiore di quella ividiabile USA.
Non così ovvio però se si guardasse alla
situazione europea nel suo complesso (se la si trattasse, cioè, per
quel che vorrebbe essere), soprattutto nell'ipotesi che l'Europa si
dotasse di una politica monetaria non ispirata ai luoghi comuni dei
quali Krugman parla: una politica non basata sui fatti.
04/01/2012 Squilibri commerciali intra-europei
C'è un'altra questione
riguardo al debito pubblico, ed è la situazione del debito privato e
degli squilibri delle partite correnti. Ne parla Gianpaolo
Rossini su La Voce: "Lo strabismo di Maastricht":
"Occorre ricordare che la crisi greca nasce
da conti con l'estero in rosso, problematici per i mercati. Un deficit
del conto corrente con l'estero segnala che un paese nell'insieme
(governo, imprese, famiglie) spende più di quello che produce. Accumula
debito estero se questo comportamento si protrae nel tempo."
Se
la Grecia accumula da anni deficit delle partite correnti, la Germania
esporta invece quanto e più della Cina (1.100÷1.400 Miliardi di €
l'anno) e fa un surplus delle partite correnti pari a ~160 Miliardi di
€ l'anno (il 7% del suo PIL) per quasi il 90% in UE. E
questo sin dai tempi della unificazione delle due Germanie. Ecco qui qualche stralcio di storia sul Sole24Ore., raccontata solo in piccola parte, e come fatto di colore (11/01/2012).
E c'è ancora qualcuno che agita lo spauracchio della "competitività"
della Cina!
Sempre Rossini:
"... affrontare uno squilibrio nei conti
pubblici di un paese è più semplice visto che basta imporre delle
regole ad un governo solo. Per uno squilibrio nei conti con l’estero
occorre invece intervenire su almeno due governi. Chi è in deficit deve
rendersi più competitivo e spendere meno. Chi è in surplus spendere di
più e smettere di sottrarre domanda ad altri.".
Più che "difficile", forse quasi impossibile,
perché significherebbe chiedere alla Germania ("chi è in surplus") di cambiare una
politica quasi ventennale. Deve smettere di "far stringere la cinta" ai
suoi cittadini (quanto inveterata sia questa attitudine della Germania, lo testimonia questo intervento di Napolitano - sì, il Presidente della Repubblica, nel lontano 1978)
Ne parla qui anche Flassbeck, ex ministro delle finanze
tedesco. Anche quest'altro giovane ricercatore economista tedesco,
Fabian Lindner, ne parla qui, non diversamente dal suo collega
Ferdinand Fichtner, qui.
Va aggiunto che ai greci e a Karamanlis è
stato e viene rimproverato di tutto. Nessuno ha però battuto ciglio
quando - in accordo con e per stimolo della "Europa" - ha concesso
sontuose facilitazione ai greci per il cambio o l'acquisto di
un'automobile nuova, in un paese che non ne produce e che è in grave
deficit delle partite correnti.
Anche in Italia - dove da qualche anno c'è un
lieve deficit delle partite correnti dopo anni di surplus - sono stati
dati incentivi all'auto che per il 30% sono finiti alla industria
nazionale, e per il resto a quelle estere, aggravado cioè il nostro
deficit.
Se qualcuno si chiede dove stia la fabbrica
del debito pubblico, ecco la risposta: prima di tutto negli interessi
sul debito pubblico stesso, e nel deficit commerciale che si riversa
sul debito pubblico, e solo poi negli "sprechi" della Pubblica
Amministrazione.
Cosa sia spreco e cosa non lo sia è poi una faccenda controversa e
tutt'altro che semplice, ad onta di quanto si cerchi di far passare.
Sui due primi fattori non ci sono invece
controversie. Ma non se ne parla mai.
23/01/2012 Il blog politicaeconomia
Sul Blog di Politica ed economia da segnalare una ricostruzione del quadro dei problemi intra-europei.
26/03/2012 Il ruolo della Germania
Nel blog Goofynomics di Alberto Bagnai
(il cui motto è il noto pensiero di Pippo: “è strano come una discesa
vista dal basso somigli a una salita”) si trovano sul complesso dei
rapporti inter-europei, sul ruolo della Germania, e sul mito della sua
"produttività", molte interessanti considerazioni, basate su quella branca della matematica che va sotto il nome di aritmetica.
04/07/2012 Squilibri commerciali intra-europei 2
Una
questione strettamente collegata al
debito (non solo a quello pubblico, ma anche a quello privato, che in
Europa è maggiore del primo), ma debito con l'estero (vedi il seguito)
sono gli squilibri commerciali (saldi delle partite correnti)
all'interno dell'Europa. Qui trovate dati e circostanze, e qualche considerazione. Qui inoltre un'analisi sul debito pubblico italiano, da cosa viene fuori, e in mano a chi sta. Per le origini del debito pubblico italiano, invece, qui
^^ -- inizio pagina -- ^^
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